Gli agnolotti erano lì allineati su una tovaglia bianca in attesa di essere ‘buttati giù’ nella pentola di acqua salata bollente (nelle case dei Signori e dei Nobili talvolta non era neanche acqua, ma buon brodo di manzo); davano l’idea di soldatini schierati, pronti per la battaglia, ubbidienti……
…. Chissà quando è nato, e come era allora, certo molto diverso; poi si è evoluto nei tempi, nei modi diversi di oggi.
Tutti conoscono l’atto notarile ligure del 1182 in cui un fittavolo agricolo di Albenga si impegnava a dare al padrone, fra l’altro, ogni anno una certa quantità di ‘ravioli’; e si vuole che quella sia stata la prima volta nella storia in cui è menzionato il raviolo-agnolotto, ma ve ne sono citazioni più antiche.
Probabilmente era già conosciuto dagli Arabi, forse anche dalla tarda romanità, sia pure non nella sua forma attuale.
Vi era poi a Gavi nel 1200 una famiglia Raviolo che batteva insegna di osteria e serviva alla gente … qualcosa che somigliava a un piatto di ravioli.
Anche Boccaccio usa la parola nel Decamerone, ma pare che si trattasse in realtà di gnocchi, più che di agnolotti; vi si legge che nel Paese di Cuccagna alla cima di un monte di parmigiano stavano uomini che null’altro facevano fuor di cucinar ravioli, li rotolavano sul pendio dei formaggio grattuggiato, e al fondo la gente li raccoglieva ‘e chi più ne prende, più ne ha’.
In breve, dal Medioevo e Rinascimento in qua, questi ravioli si diffondono in tutta Italia la loro patria originaria ed anche qui assumendo forme, contenuti e condimenti alquanto diversi: in principio l’impasto doveva essere di formaggio piccante, uova, erbe aromatiche e droghe, i vari tipi di carni per le versioni in grasso e di ricotte e verdure per le versioni in magro, arrivarono successivamente.
Infinita poi, e di difficile etimologia la gamma dei nomi: agnolotti, agnellotti, ravioli, raffioli, anolini e anellotti, tortellini, cappelletti e vavanti a non finire: abbiamo anche l’agnolotto femmina, perché da Canelli in là diventa la raviola, del resto secondo una degli scrittori sull’argomento Felice Cunsolo, la parola deriverebbe da un arcaico ‘ravita’ o ‘graviola’ che significa donna incinta.
Più interessante è ricordare che la loro forma arcaica in Piemonte era rotonda (dal torinese ‘anulòt’ che era il ferro adoperato una volta per tagliarli a forma di anello), poi mutata in un grosso agnolotto quadrato, tagliato con la rotella a mano e chiamato dalla gente ‘il gobbo’ (‘gheub’) mentre la denominazione del piccolo formato leggiadro dato con la punta delle dita e somigliante ad un cappelletto emiliano, di raviolo ‘con il plin’ risulta molto moderna e ristorantiera…..
Giovanni Goria
L’agnolotto è RE
Da Asti in … vetrina – Anno XII numero 5 – 6/2001.